
La Carteri, come tutte le altre Boswellie, appartiene alla famiglia delle Burseracee; il tronco, alto 4 o 5 m e i rami sono coperti da vari e sottili strati di corteccia gialliccia o brunastra, percorsa da canali resiniferi; la corteccia si stacca a grandi lembi, lasciando trasudare la resina gommosa, alias l’incenso. Al termine di ogni anno di vita, l’insieme dei resti dei piccioli delle foglie forma una specie di manicotto, alla sommità dei rami: particolare curioso è il fatto che, al di sopra di tale manicotto, si innesta e cresce, nell’anno seguente, la parte nuova del ramo, caratterizzata da un rivestimento di peli giallastri. Durante la stagione delle piogge spuntano le foglie grandi, alterne e riunite a gruppi, alla sommità dei rami. I fiori, che nascono prima delle foglie, sono piccoli, retti da un picciolo e riuniti in infiorescenze a grappolo, dette racemi (dal latino racemus = grappolo).Per far fuoriuscire più rapidamente l’incenso dalla pianta, in aprile e maggio, gli indigeni praticano profonde incisioni verticali nei tronchi e nei rami, per decorticarli. Asportata la corteccia (di solito, in fasce di 10 cm), dalle ferite createsi cola l’incenso, sotto forma di liquido resinoso che si solidifca, a contatto dell’aria, rapprendendosi in tante piccole masse-relle, dette lacrime: esse sono oblunghe o piriformi, poco trasparenti, bianco-giallastre o rossastre o brune, talora con strisce bianche e coperte da polvere grigia. Oltre che colare lungo la pianta, spesso, le lacrime della gommoresina si accumulano nell’alveo delle ferite praticate dagli addetti ai lavori, i quali le asportano, ogni 15 giorni, fino a settembre, oppure, una sola volta all’anno, a dicembre. In quest’ultimo caso, le lacrime di incenso si saldano fra loro in bastoncini che si incollano al tronco.L’incenso brucia formando una fiamma fuligginosa e caratterisca, espandendo, in volute, il suo aroma profumato; i suoi vapori, per osmologia, cioè, attraverso le narici, raggiungono i centri del cervello e il sangue e agiscono, beneficamente, sulla psiche e sull’organismo fisico.A temperatura normale, l’incenso è solido, a 100° diventa molle e comincia a emanare il suo profumo tipico e salutare; sulla carbonella ardente, brucia. È molto solubile in alcol, tanto che in soluzione alcolica, perde circa i tre quarti del suo peso. In acqua, invece, la parte resinosa rimane insolubile, mentre si scioglie la porzione gommosa, creando una soluzione ricca di sostanze benefiche per la pelle, soluzione famosa anticamente e di cui le donne egiziane facevano grande uso per la loro bellezza.
PRINCIPI ATTIVI Incenso per cosmesi e bellezza.
Le preziose lacrime dell’incenso sono ricche, al 4%, di un olio essenziale caratteristico, formato dalla miscela di cadinene, canfene, dipentene, fellandrene, olibanolo, paracimolo, pinene destrogiro; inoltre contengono circa il 60% di resina solubile in alcol e formata da acido boswellico e di olibanoresina; sono presenti anche, al 30%, gomme solubili in acqua, al 6 o 8% bassorina e, infine, mucillagini e un Principio Amaro.Certe azioni terapeutiche dell’incenso, già note e applicate da millenni, specie dagli Egiziani, trovano conferma e credito, ancora oggi: ne è esempio, il famoso Balsamo Fioravan-ti, citato da moltissimi Autori e, tuttora, prescritto e usato, come stimolatore delle funzioni gastriche, quindi, attivante i processi digestivi e come antisettico contro il catarro.
USO ESTERNOIncenso per cosmesi e bellezza .
USO ESTERNOIncenso per cosmesi e bellezza .
Un’altra funzione primaria dell’incenso è quella vulneraria, grazie alla quale esso entra a far parte di pomate e unguenti atti a curare e proteggere le ferite. Il suo uso topico, sotto forma di impiastri, mercuriali, tinture balsamiche e suffumigi, molto sfruttato nell’antichità, ma abbastanza negletto, ai nostri giorni, da ottimi risultati. Dioscoride Pedanium, al quale già si è accennato, scriveva nel De materia medica: «…L’incenso ha proprietà di astringere, riempie le ulcere profonde, cicatrizza e risana le ferite sanguinanti, arresta ogni emorragia… Cura scottature e geloni, mischiato con grasso d’oca e di porco. Giova anche ai dolori delle orecchie, versatovi con vino dolce: spalmato con terra di cimolia e olio di rose, fa bene alle mammelle infiammate per il parto».
FITOCOSMESI
FITOCOSMESI
Incenso per cosmesi e bellezza . L’antica cosmesi egiziana fruiva moltissimo delle qualità curative dell’incenso che rientrava come componente di molti cosmetici ed era anche considerato un ottimo fissatore dei profumi.
Oggi, la cosmesi moderna usa l’incenso come componente nelle creme di bellezza, perché ammorbidisce e rende vellutata la pelle, nei prodotti per massaggi (oli, creme, balsami ecc), perché ha un’azione tonificante, calmante e rivitalizzante, nelle lozioni e nei latti detergenti, perché è purificante e, laddove è necessario, agisce sui pori dilatati.
TEMPO BALSAMICO
Oggi, la cosmesi moderna usa l’incenso come componente nelle creme di bellezza, perché ammorbidisce e rende vellutata la pelle, nei prodotti per massaggi (oli, creme, balsami ecc), perché ha un’azione tonificante, calmante e rivitalizzante, nelle lozioni e nei latti detergenti, perché è purificante e, laddove è necessario, agisce sui pori dilatati.
TEMPO BALSAMICO
Incenso per cosmesi e bellezza. Come già accennato, in primavera, la corteccia della pianta dell’incenso viene incisa, per far colare la resina e, in settembre o in dicembre, si procede alla raccolta delle lacrime.
HABITAT.
HABITAT.
L’incenso alligna bene nei terreni aridi; prospera, infatti sui monti della Somalia, della Migiurtina, in Etiopia e in Arabia.
VARIETÀ d’incenso.
VARIETÀ d’incenso.
Oltre ali Boswellia Carteri, vi sono altre Boswellie, produttrici di incenso, come la B. Bhandayana, la B. Freereana, la B. Papyrifera; la qualità della loro resina balsamica, però, è inferiore a quella della B. Carteri.
PREPARAZIONI Incenso per cosmesi e bellezza
Per preparati medicamentosi e cosmetici con l’incenso, è preferibile fruire di quelli prodotti industrialmente, mentre, per uso esterno, si possono fare inalazioni, aspirando i fumi . Per rafforzare una crema o un detergente per bellezza o per massaggi, adatti a pelli grasse, impure e con pori dilatati, basta aggiungere, a 100 g di prodotto cosmetico, un cucchiaino di soluzione alcolica leggera di incenso.
(L’arte d’amare) e di altre opere notevoli, dedicò alle donne un libretto di cosmetica, Medicamen facci (Cure del viso), in cui elogiava e definiva ottimi i preparati a base di incenso. Il celeberrimo Dioscoride Pedanium (probabilmente I secolo d.C.), medico e autore del famoso De materia medica, scrisse molto sull’incenso, descrivendone la pianta, la natura della resina e i suoi impieghi terapeutici e cosmetici. Così Plinto il Vecchio (Gaius Plinius, Como 23 d.C. – Stabia 79 d.C.) riportò, nei suoi appunti, che gli operai addetti alla lavorazione dell’incenso dovevano uscire nudi dai laboratorii questa precauzione, molto significativa, dimostra quanto fosse prezioso quel materiale e quanto se ne temesse il furto.
Il nome italiano deriva dal latino «incensum», quindi, dal verbo «incendere» — bruciare, a indicare l’uso della resina; mentre un secondo etimo stabilisce che l’altro nome latino dell’incenso, «thus», deriva dal greco «thyo», vocabolo che si riferisce alle offerte sacrificali, con chiara allusione al fatto che i fumi dell’incenso, nei tempi antichi, accompagnavano sempre i riti dei sacrifici di vite offerte agli dei.
PREPARAZIONI Incenso per cosmesi e bellezza
Per preparati medicamentosi e cosmetici con l’incenso, è preferibile fruire di quelli prodotti industrialmente, mentre, per uso esterno, si possono fare inalazioni, aspirando i fumi . Per rafforzare una crema o un detergente per bellezza o per massaggi, adatti a pelli grasse, impure e con pori dilatati, basta aggiungere, a 100 g di prodotto cosmetico, un cucchiaino di soluzione alcolica leggera di incenso.
(L’arte d’amare) e di altre opere notevoli, dedicò alle donne un libretto di cosmetica, Medicamen facci (Cure del viso), in cui elogiava e definiva ottimi i preparati a base di incenso. Il celeberrimo Dioscoride Pedanium (probabilmente I secolo d.C.), medico e autore del famoso De materia medica, scrisse molto sull’incenso, descrivendone la pianta, la natura della resina e i suoi impieghi terapeutici e cosmetici. Così Plinto il Vecchio (Gaius Plinius, Como 23 d.C. – Stabia 79 d.C.) riportò, nei suoi appunti, che gli operai addetti alla lavorazione dell’incenso dovevano uscire nudi dai laboratorii questa precauzione, molto significativa, dimostra quanto fosse prezioso quel materiale e quanto se ne temesse il furto.
Il nome italiano deriva dal latino «incensum», quindi, dal verbo «incendere» — bruciare, a indicare l’uso della resina; mentre un secondo etimo stabilisce che l’altro nome latino dell’incenso, «thus», deriva dal greco «thyo», vocabolo che si riferisce alle offerte sacrificali, con chiara allusione al fatto che i fumi dell’incenso, nei tempi antichi, accompagnavano sempre i riti dei sacrifici di vite offerte agli dei.